La mostra è organizzata con l’Archivio Emilio Isgrò e propone opere dagli anni Sessanta a oggi

La mostra è organizzata con l’Archivio Emilio Isgrò e propone opere dagli anni Sessanta a oggi

Codice ottomano della solitudine, Emilio Isgrò

Una magnifica esposizione che si dipana dalle prime cancellature di libri, datate 1964, prosegue con le poesie visuali su tele emulsionate e le Storie rosse, per colpire lo spettatore con gli imponenti testi cancellati da L’Enciclopedia Treccani e dai Codici ottomani, 2010. A cura di Germano Celant, in collaborazione con l’artista e l’Archivio Emilio Isgrò, l’allestimento della mostra è stato studiato per avvolgere il visitatore, farlo entrare in un grande libro, su cui è intervenuto l’artista.

Emilio Isgrò alla fondazione Cini

Il tema che affronto per questa mostra alla Fondazione Cini di Venezia, città dove nel 1964 nacquero le prime cancellature, non può che essere quello del linguaggio. Per questo mi è parso necessario ricorrere alla tradizione biblica filtrata dal Moby Dick, il meraviglioso romanzo di Melville – spiega Emilio Isgrò – Sarà l’opera cancellata di Melville a contenere quindi tutte le altre e chi entra alla mostra si lascerà accompagnare nel ventre della balena, ovvero il ventre del linguaggio mediatico che copre con il rumore il proprio reale e disperante silenzio.

Pittore e autore di gioielli d’artista per Marylart – ma anche romanziere, drammaturgo e regista – Emilio Isgrò è senz’altro uno dei nomi dell’arte italiana più conosciuti e apprezzati a livello internazionale.